Quando si parla di sport e mercenari, lo si fa per descrivere quegli atleti che scelgono contratti più remunerativi rispetto a quelli precedenti, deludendo i tifosi della sua vecchia società.
Ma cosa vuol dire mercenario?
Intanto, la parola ha un significato legato all’antichità, in quanto anche i romani parlavano di mercenarii per indicare quei soldati che in guerra non appartenevano a nessuno schieramento, ma combattevano solo per il profitto personale. L’accezione negativa del termine viene successivamente sottolineata da Niccolò Machiavelli ne Il principe, dove metteva in guardia dall’ambizione e dall’infedeltà delle truppe mercenarie. Nello sport, dunque, è esagerato rivolgere l’accusa di essere dei “mercenari” a dei professionisti che fanno le loro scelte?
Il caso in Italia
In Italia ci ricordiamo tutti del “caso” Donnarumma, che si è consacrato con il Milan ma che nel 2021 si è trasferito all’ombra della Tour Eiffel, al PSG, scatenando le ire dei tifosi rossoneri, che in realtà hanno iniziato a perdere la pazienza già nel corso dell’ultima stagione del portiere a San Siro. Il rinnovo, nonostante il bacio dello stemma della sua squadra al termine di una partita contro la Juventus (gesto che, secondo il mio parere, chiunque dovrebbe risparmiarsi), non è mai arrivato, e Donnarumma ha lasciato Milano a parametro zero, negando alla sua società una fonte di guadagno. A ogni ritorno a San Siro, anche con la nazionale, il calciatore è stato contestato, arrivando al noto episodio del lancio delle banconote false al suo indirizzo.
Mercenari, o Peseteri
Più importante, all’inizio del millennio, è stato il cambio di maglia di Luis Figo, che ha svestito il blaugrana del Barcellona per sposare la causa degli acerrimi rivali del Real Madrid. Il portoghese, nel 2000, aveva promesso ai tifosi catalani che sarebbe rimasto al Camp Nou, salvo poi firmare poco tempo dopo per il Real del neo presidente Florentino Perez. Il proprietario dei blancos aveva deciso di rendere la sua squadra una sorta di dream team, che avrebbe compreso nella sua rosa i migliori calciatori in circolazione. Inutile dire che la reazione dei tifosi barcellonesi fu feroce contro l’odiato pesetero, tanto che il sindaco della città catalana pubblicò una nota in cui Figo fu definito “persona indesiderata in Catalogna”.
Negli anni in seguito a quello che è stato definito il “tradimento” più famoso della storia del calcio, l’esterno portoghese, tornando al Camp Nou, è stato il bersaglio di lanci di oggetti dagli spalti: accendini, bottiglie di whiskey, persino una testa di maiale. Ma la componente sportiva, in questo caso, passa quasi in secondo piano; l’odio tra catalani e madridisti va oltre il calcio, ed è dettato da aspetti culturali e politici. Da una parte una regione che reclama la sua indipendenza e mostra la sua ostilità alla monarchia, dall’altra i tifosi di una squadra legata ai reali sin dal 1920, quando Re Alfonso XIII di Spagna assegnò alla squadra della capitale il titolo di real. Ideologie contrastanti che si esprimono anche attraverso lo sport.
“Mercenari” negli altri sport
Possiamo vedere esempi non solo nel calcio, ma anche negli altri sport di squadra. Uno degli ultimi “tradimenti” si è materializzato nel basket la scorsa estate: Kostas Sloukas, uno dei cestisti più rappresentativi dell’Olympiacos, si è accasato a qualche chilometro di distanza dal Pireo, alla corte del Panathinaikos. Alla notizia della firma del playmaker con i propri nemici, i tifosi della compagine biancorossa, famosi per essere molto “caldi”, avevano anche pubblicato una nota ufficiale, in cui si etichettava Sloukas come un “bugiardo e traditore” che ha messo il proprio ego davanti alla squadra.
Il dissenso verso i “mercenari” nello sport
Nello sport le contestazioni sono legittime, a patto di non superare certi limiti, che, comunque, spesso non vengono oltrepassati. Esprimere il propio dissenso civilmente e senza danneggiare la persona dovrebbe essere permesso in tutti gli ambiti della vita, e le questioni sportive non fanno eccezione. Direzionare il proprio odio verso un “mercenario” (con tutte le virgolette del caso) anche al di fuori del contesto dello sport, andando a sottolineare questioni private che riguardano, ad esempio, la sua famiglia, invece, è un’arma più distruttiva. Contestare si, ma sempre stando attenti a toccare certe corde. Senza parlare di minacce e istigazioni alla violenza, che per fortuna è prorpia solo di pochissimi fenomeni sui social network.
“Ma io al loro posto…”
Detto questo, se da un lato si possono comprendere gli episodi di dissenso da parte dei tifosi verso gli ex giocatori, dall’altra bisogna anche capire le ambizioni di questi ultimi. Avere un compenso maggiore è anche un modo per sentirsi valorizzati, e la prospettiva di guadagnare di più è qualcosa che in ambito lavorativo interessa tutti noi, non solo i professionisti. Si può discutere sulle modalità con cui avvengono questo tipo di separazioni, o sull’etica, o sulla posizione privilegiata che hanno i professionisti negli sport più seguiti e che hanno già un contratto molto remunerativo. A un certo punto, però, bisogna capire le loro scelte di carriera e personali. Negli sport, dopotutto, i “mercenari” continueranno a esserci.
Ammiro molto chi riesce a fare scelte più “sentimentali” invece di quelle legate a compensi più alti, ma la parola “mercenario” è un termine che, a mio parere, riguarda questioni ben più gravi rispetto allo sport. Il risentimento dei tifosi, come detto, è legittimo, e deve essere limitato all’interno del campo di gioco, senza scadere nelle questioni puramente personali. Bisognerebbe, anche solo per un attimo, mettersi nei panni dei professionisti, e pensare a quali scelte faremmo al loro posto. C’è da dire che anche gli sportivi possono fare la loro parte, non facendo promesse ai tifosi che non potrebbero rispettare, risparmiandosi eccessive dichiarazioni d’amore verso una maglia e baci allo stemma della propria attuale società di appartenenza.
Andrea Perini