Sempre più spesso si sente parlare dei cambiamenti che lo sport professionistico dovrebbe attuare per togliersi un po’ di ruggine di dosso e rendersi più interessante agli occhi dei giovani. Tra le argomentazioni (valide e non) tirate in ballo per studiare il rapporto tra giovani e sport, c’è l’impatto che stanno avendo le nuove piattaforme social. Ma lo sport (e i giovani) ne ha davvero bisogno?
Ma i giovani si stanno davvero allontanando dagli sport?
A sentire alcuni “addetti ai lavori”, sembrerebbe quasi che lo sport debbaadattarsi a qualunque costo, arrivando a cambiare del tutto i loro regolamenti, a snaturarsi, a diventare solo e soltanto intrattenimento. Per quanto riguarda il calcio, l’ultima idea per ravvivare la passione dei giovani arriva da Gerard Pique, ex calciatore del Barcellona e della nazionale spagnola, reinventatosi imprenditore: secondo Pique, il calcio sarebbe diventato poco emozionante, e gli 0-0 dopo 90 minuti non aiuterebbero le nuove generazioni a dedicarsi completamente alla visione delle partite, ridotte a sottofondo mentre ci si aggiorna su X, o si guarda un reel su Instagram o TikTok. L’ex difensore ha poi continuato con un invito a eliminare i pareggi, seguendo l’esempio del baseball o del basket, confermando come, secondo lui, un adattamento alle nuove tendenze sarebbe inevitabile.
Ma se c’è uno sport (sempre che sia mai esistito e che mai esisterà) che dovrà adattarsi alle nuove “tendenze”, di sicuro quello non è il calcio: fino a prova contraria, lo sport nazionale in Italia è di gran lunga il più seguito e il più giocato, dai giovani e dai meno giovani; le pagine social dei club e dei calciatori sono tra le più seguite del web (si potrebbe parlare anche del tipo di contenuto, molto più indirizzato verso i giovani); si vendono videogiochi; si vendono magliette; si comprano le figurine per finire gli album; ci si iscrive alle scuole calcio; tutti, di qualsiasi età si parli, possono particare questo sport, dai dilettanti a chi, semplicemente, prenota un campo da calcetto con gli amici e si svaga per un’ora o più.
inutile dire che queste caratteristiche sono proprie di molti altri sport, ma il concetto dovrebbe essere chiaro. Non si cattura l’attenzione dei giovani cambiando drasticamente le regole, ma rendendoli partecipi e facendoli appassionare con alcune iniziative.
I giovani e gli altri sport
In molti si ricordano di un’idea nata dagli studi RAI durante il Giro d’Italia 2023, ovvero quella di diminuire la distanza delle tappe e delle corse in generale per non “annoiare le nuove generazioni”, con reazioni a dir poco contrarie. Il solo fatto di aver sentito qualcuno avanzare una questione del genere dovrebbe far riflettere su come gli sport vengano erroneamente percepiti anche da chi dovrebbe occuparsene in prima persona. Se ci si preoccupa più di dover guadagnare pubblico ad ogni costo invece di rendere uno sport accessibile a chiunque su tutti i fronti, allora c’è un grosso problema di fondo.
Parlo da persona che ha iniziato da poco a seguire il ciclismo: tra le cose più belle che ci sono nel seguire una classica o una gara a tappe, c’è anche la grandissima varietà di paesaggi che si incontra durante le dirette. Senza parlare della competizione in sé, dove si vive dall’inizio alla fine una trepidante attesa di una fuga, che magari accade anche a inizio tappa, per poi apprezzare le questioni tattiche, fino a entusiasmarsi per uno scatto in salita dello scalatore o per un arrivo in volata.
Ecco, l’attesa di qualcosa di decisivo che potrebbe accadere da un momento all’altro è una delle cose più belle da vivere, e non parlo solo di sport. Se poi ci sono campioni straordinari che si danno battaglia a suon di pedalate e allo stesso tempo si rispettano (Vingegaard-Pogacar al Tour 2023), diventa tutto molto più interessante. Accorciare una corsa, secondo il mio punto di vista, sarebbe, in un mondo normale, controproducente.
Nel mondo dei motori
La mente, parlando dei cambiamenti per cercare nuovi giovani spettatori, va senza dubbio alla Formula 1 e alla MotoGP. Le sprint races, che nel circus hanno una durata di 1/3 delle vere gare, sono state inserite gradualmente, ma adesso fanno parte dell’immaginario collettivo (giusto o sbagliato che sia) di chi segue l’automobilismo, o almeno soltanto la Formula 1. Che poi, a mente fredda, ci sarebbero alcune argomentazioni a loro favore se solo venissero modificate in alcuni aspetti, ma anche loro sono nate come conseguenza della ricerca di un format più congeniale a chi è più giovane.Ssecondo qualcuno, questo sarebbe meno interessato a seguire troppe sessioni di prove libere.
Il problema sta nell’aver modificato in parte il vero spirito delle competizioni motoristiche, pensate per entusiasmare gli spettatori per molto più di mezz’ora. Detto che, sul circus odierno, si potrebbe parlare per ore dello spettacolo che spesso latita, ma questo è un altro discorso.
Per concludere, giustificare alcune idee ammazza-sport riferendosi alle dinamiche del nuovo web, quello formato soprattutto dai social, è quanto di più meschino ci possa essere. Inoltre, sottolinea l’incapacità dei diretti interessati di trovare dei modi molto più idonei all’aumento dell’interesse verso lo sport che loro rappresentano. Allora, il problema non potrebbe essere chi governa l’organizzazione degli sport, invece degli sport stessi?
Andrea Perini